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GIORNATA DELLA LEGALITÀ

Capaccio Paestum- Doppio appuntamento con la legalità nella giornata di sabato 11 dicembre: il primo alle ore 9,30 presso l’Aula Magna del Liceo Scientifico G.B. Piranesi, dove i giovani studenti incontreranno i principali esponenti dell’associazione “Parlamento della legalità internazionale”, il prof. Vincenzo Mallamaci (nel ruolo di Coordinatore nazionale dell’associazione), il prof. Nicolò Mannino (nel ruolo di Presidente) e il dott. Salvatore Sardisco (nel ruolo di Vicepresidente); il secondo alle ore 16.30 presso la Sala Convegni della BCC, con la presentazione del libro “Non li tradite, sono innocenti – I giovani sanno ancora sognare”, a cura degli stessi Mannino e Sardisco. Il libro contiene lettere, messaggi ed espressioni di affetto inviate da bambini e ragazzi, anche di altre religioni, a Mons. Michele Pennsi, Arcivescovo di Monreale e guida spirituale del Parlamento della Legalità internazionale, a testimonianza dell’alto spessore umanitario delle iniziative intraprese dallo stesso. Questa associazione sta svolgendo un importante lavoro sulla legalità e sulla tutela dei diritti degli ultimi, con particolare attenzione all’universo dei giovani, per infondere loro la fiducia nelle istituzioni che operano per il bene comune e promuovere la cultura della legalità come valore. In occasione della kermesse, abbiamo intervistato Nicolò Mannino, tra i principali protagonisti della cultura della legalità in ambito internazionale.

Intervista al professore Nicolò Mannino, Presidente del Parlamento della Legalità Internazionale

Nel suo impegno emerge con forza la ricerca delle connessioni tra la cultura, la legalità e la formazione. Perché, a suo avviso, nel contemporaneo si è generato un chiaro squilibrio tra etica ed estetica?

“La subcultura dell’apparire sta generando mostri riempiti troppo di sé e di un’arroganza che non ha limiti. Tutto rischia di svuotarsi di senso, mentre la sete di verità e giustizia fa sentire la sua voce puntando sulla bellezza che alberga nel cuore dei giovani. Abbiamo tante responsabilità e credo che bisogna tempestivamente mettersi in gioco, stare tra la gente semplice e vera per ridare speranza a un mondo che ha perso il senso dell’esistenza”.

“La bellezza salverà il mondo”, ci insegna Dostoevskij: che ruolo dovrebbe avere la formazione perché questo importante strumento etico venga compreso e utilizzato anche dalle nuove generazioni?

“La bellezza che salverà il mondo non è certo quella estetica. Con diversi dirigenti scolastici, studenti e amici del parlamento della legalità internazionale abbiamo stilato un progetto formativo che ha come titolo Ricercatori dell’Alba, presentato prima della pandemia nella sala dei gruppi parlamentari a Montecitorio. La bellezza che noi scorgiamo nel nostro orizzonte e che alberga nell’animo di tanti bambini, adolescenti e giovani si coniuga con il verso essere – amare, servire e testimoniare. Nelle nostre ambasciate culturali (più di sessanta, inaugurate in Italia, Cairo, America e Costa D’Avorio) si canta la bellezza della solidarietà e della condivisione, certi che nessuna notte sarà così lunga da impedire al giorno di ritornare”.

Lei è un punto di riferimento nel contrasto alle mafie. Nel suo percorso ha avuto modo di frequentare grandi personaggi, alcuni dei quali diventati, loro malgrado, eroi e talora martiri. È possibile che, in una società che poggia sul Diritto e che dal contratto sociale a oggi ha fatto passi da gigante, si debba arrivare a questi livelli per scuotere le coscienze e a volte anche le istituzioni? Perché non si riesce a superare questo problema attraverso la “normalità”? Dov’è che sbaglia il sistema?

“L’antimafia parolaia, quella dei convegni fine a se stessa, quella dei tappeti rossi con nomi roboanti, non convince e non tocca gli animi di chi vede tanta incoerenza tra ciò che si proclama e la quotidianità. Bisogna essere coerenti tra ciò che si pensa, ciò che si dice e ciò che si fa. Interpellare la propria coscienza prima di ergersi a paladini e provare a farsi un bagno di umiltà. Ricordo gli incontri svolti con il giudice Antonino Caponnetto, primo presidente onorario del parlamento della legalità internazionale: quanta verità, nelle sue parole, quanta umiltà nei suoi gesti, quanti giovani hanno ascoltato e fatto tesoro dell’esortazione Scendete in piazza, dite da quale parte state e aprite le porte alla speranza. Nel libro curato da me e dal vice-presidente Salvatore Sardisco, trovate tanti appelli per un mondo pulito e vero, che sgorgano da giovani liberi che non hanno un prezzo e che non si possono né comprare né vendere”.

Il suo impegno conferma che chi come lei svolge una vera e propria missione per la legalità arriva a comprenderne tutte le possibili sfaccettature. Dalle più tecniche e canoniche a quelle che investono una sfera più sociologica e umanistica. In quest’ambito, spicca il suo impegno per gli ultimi. Ci può raccontare perché, a suo avviso, una società così apparentemente evoluta preveda ancora che ci siano degli ultimi? Da dove nasce lo scarto sociale e perché non si fa abbastanza per rimuovere gli squilibri?

“Gli ultimi sono coloro che hanno portafogli pieni, raccomandazioni da vendere ma gelo di affettività pura fra le mura domestiche, dove tutto si è frantumato nella subcultura dell’arrivismo e dell’individualismo. Gli ultimi sono coloro che nate persone con la schiena diritta hanno preferito inchinarsi al sistema del potere che corrode ideali e valori pur di divenire personalità. Gli ultimi sono coloro per i quali Dio nasce e dice agli smarriti di cuore Coraggio, non temete”.

Che ruolo rivestono oggi la Fede, la Religione, l’impegno del Papa su questo tema così scomodo quanto di urgente trattazione?

“Il nostro movimento è apartitico, interconfessionale e interreligioso, ma di forte matrice cristiana/mariana. Il Parlamento della legalità internazionale propone la chiesa della strada come quella del grembiule di Don Tonino Bello. Fede, azione e testimonianza sono alla base del nostro essere e del nostro agire. Se oggi alla fede delle festività e dell’indifferenza, spesso pronta ad additare chi è in campo, riuscissimo a rispondere dando tutto di noi con amore, allora non solo rimuoveremmo ogni forma di paura e di comodità del credo, ma diverremo testimoni di quel Vangelo che da più di duemila anni interpella le coscienze di uomini e donne libere che credono in un presente a colori, dove amare non è un usa e getta, ma una vocazione che porta sino al dono di sé”.

Milena Cicatiello

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