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BULLISMO, UN FENOMENO CRESCENTE

Il “bullismo” non è un fenomeno tipico dei nostri giorni. È sempre esistito. Il dato che, però, oggi, è davvero allarmante sta nel constatare che questi episodi di inaudita e inaccettabile violenza, fisica o psicologica che sia, sono sempre più frequenti nei gruppi che sembravano esserne al riparo: cioè tra i più piccoli, tra le ragazze e a danno di soggetti più deboli, indifesi e incapaci di proteggersi. Basti pensare, tra i tanti casi di cui la cronaca si occupa continuamente, ad alcuni ragazzi diversamente abili impotenti nel reagire. Ragazzi, questi ultimi, che, probabilmente, non sono nemmeno in grado di capire quanto siano profondamente criminali gli umilianti e brutali atteggiamenti cui vengono sottoposti, né di chiedere aiuto a genitori, insegnanti o assistenti. In ogni caso, il più delle volte, chi viene aggredito, minacciato e insultato, anche quando è perfettamente consapevole dell’ingiustizia delle molestie subite, non riesce a trovare la forza e il coraggio di denunciare ai grandi ciò che è ripetutamente costretto a patire. È difficile, così, impedire nuove aggressioni. E ciò aumenta l’atteggiamento scostante del bullo che, dal canto suo, è quasi sempre un soggetto debole che deve dimostrare con arroganza agli altri e, prima ancora, a sé stesso la propria forza e la superiorità sul gruppo, sul branco. È, in genere, un bambino o un ragazzo isolato e abbandonato a sé stesso dalla propria famiglia. Da quella stessa famiglia che, evidentemente, gli ha negato il dialogo aperto e responsabile, che non ha saputo impartirgli una corretta educazione, né trasmettergli alcun valore, e tantomeno insegnargli il rispetto degli altri e delle regole. È compito di psicologi e sociologi capire e spiegare, in tutti i suoi aspetti, le ragioni profonde di questo fenomeno per aiutarci a intervenire nel modo più efficace e corretto. Sia sulle vittime, sia sui molestatori. Ma la legge, di fronte a questi episodi, come si pone? Cosa può fare, per arginare il fenomeno del bullismo? In realtà, molto poco, sia sul piano penale che su quello civile. In realtà, il bullo ha imparato a non essere punito dalla famiglia e continua a rimanere impunito dalla legge. Non esiste, infatti, una legge che punisca concretamente gli autori di simili azioni e che, dunque, possa fungere da deterrente. Dal punto di vista penale, il dato più rilevante è la non punibilità del “bulletto” con età inferiore ai quattordici anni. Non è tuttavia con il carcere che risolviamo i problemi dei giovani italiani. Piuttosto bisogna ipotizzare e realizzare modelli educativi e di socializzazione che responsabilizzino gli adolescenti e realizzare un capillare lavoro su modelli positivi oltre che un investimento concreto sulle buone pratiche, in tal senso i valori dello sport possono essere un forte antidoto alla violenza e alla slealtà. Un simile progetto, peraltro, non può essere solo del Governo, ma deve coinvolgere le famiglie, le reti sociali, l’associazionismo laico e religioso e, certamente, anche il sistema della comunicazione e dei media. Da questo punto di vista, giudico estremamente positiva, come prima soluzione, la possibilità che la comunità di Internet espella dalla Rete coloro che si macchiano la coscienza attraverso gesti di bullismo. Al di là del necessario intervento socio-educativo che deve essere fatto direttamente tra i ragazzi, e del supporto che deve essere dato alle famiglie, tanto delle vittime quanto dei colpevoli e alle scuole, credo che sia necessario studiare una legge che dia a tutti un segnale forte e concreto, con punizioni immediate e istruttive. Una legge che, da un lato, faccia temere la severità delle sanzioni e che, dall’altro, dia il necessario incoraggiamento agli aggrediti e agli spettatori delle aggressioni al fine di non chiudersi nel silenzio e nell’omertà. La sicurezza e la fiducia possono provenire solo da una legge severa e applicabile nell’immediatezza del fatto criminoso. La giustizia va onorata con l’urgenza.

Luigi Bernabò

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