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DIO È MORTO – TUTTA COLPA DEI POETI

Immagine realizzata da Maria Antonietta Sparano. 

“Dio è morto”: tutta colpa dei poeti!

“Dio è morto”: lo hanno ucciso i poeti, le loro bugie. C’è una categoria di pensatori contemporanei, che io definisco “poeti da asili nido”, i quali decidono di autocelebrarsi come tali e che si vantano (convinti, non convincenti) di aver trovato le perle più belle in ostriche dorate e di aver condotto una pesca miracolosa negli abissi dove, però, non si sono mai immersi e che, tuttavia, pretendono una corona di alloro che pensano di meritare per essersi voltati verso l’orizzonte (sì, ma incapaci di sollevare lo sguardo dai loro piedi). Pseudo-intellettuali che apprezzano e disprezzano lo stesso argomento, senza alcuna remora, a seconda dell’occasione, cinici fino al punto di indossare, con disinvoltura, abiti che non sono i loro. Calpestando vite lontane dal loro sentire, con scarpe che hanno rubato a chi ha avuto il coraggio di andare a piedi nudi tra le spine. Un gioco di emulazione sottile e perverso, finalizzato alla vanagloria, la sola sostanza di cui si nutrono e di cui sanno apprezzare il sapore, talvolta imboccandosela l’un l’altro, negli asili nido del loro ego. Demolitori di ogni spunto vitale, detrattori di ogni conquista altrui, nichilisti di ciò che non è alla loro portata. E dopo aver fatto scempio della verità dell’altro, come avvoltoi si lanciano tra le macerie da loro provocate e fanno banchetto tra i brandelli di una bellezza dilaniata che, tuttavia, non potrà mai loro appartenere. Eternamente in fuga da un male sociale che s’inventano a piacimento, lì dove non riescono a raggiungere i loro obiettivi; ma disposti a ritrattare, un solo istante dopo, se li si asseconda, offrendo loro un bicchiere per placare un po’ l’infinita sete di maniacale protagonismo. Complottisti a pagamento, biografi di catastrofi umane in cambio dell’applauso coatto di un pubblico sudato e distratto, che non ne può più di assistere a questa sgraziata esibizione di nuoto controcorrente dentro una pozzanghera. Tra questi mentitori, non c’è “verso” di trovare la poesia, poiché non hanno ancora compreso che non è necessario uccidere Dio (e l’uomo!) ogni giorno per proiettare un ologramma di sé. Si può essere poeti dell’autentico, basterebbe volgere lo sguardo verso gli altri. Farsi interpreti della realtà che ci circonda. E i poeti veri sono capaci di trovare le perle nei gusci di cozze di una trattoria, finanche in quelle sabbiose e andate a male.

Dal mare hanno imparato anche la loro vanità: forse che il mare non è il pavone dei pavoni? Persino dinanzi al più brutto di tutti i bufali fa la ruota, mai stanco del suo ventaglio di pizzo di argento e di seta. Il bufalo ostinato osserva: nell’anima sua esso è vicino alla sabbia, ancor più vicino alla boscaglia, ma vicino ancora di più alla palude. Che cos’è per lui la bellezza e mare e ornamento del pavone! Questa similitudine è per i poeti. In verità, il loro spirito è il pavone dei pavoni e un mare di vanità! Spettatori vuole lo spirito dei poeti: fossero anche bufali!”

(F. Nietzsche). Così parlò Zarathustra. Ergo, io rifletto.

Milena Cicatiello

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