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I FIGLI NON SANNO PIÙ LITIGARE

Mai avrei voluto riflettere su situazioni drammatiche che entrano nella nostra vita come casi di cronaca violenta e la prima reazione che si ha è quella di considerarli momenti di assoluta follia. Poi, però, leggendo le storie di questi ragazzi, delle loro famiglie, dei motivi in apparenza futili che li hanno portati a uccidere un genitore ti chiedi: siamo proprio sicuri che queste tragedie siano poi così lontane da noi? Guardare una figlia o un figlio preadolescente, adolescente sdraiato su di un divano con un tablet, con lo smartphone in mano, essere a pochi metri di distanza, ma percepire che esiste un muro invisibile, è come abitare in due mondi paralleli, un mondo reale quello di casa, ed il suo, virtuale, al quale è difficile per un genitore avere accesso. Non si sa con chi si scrive, cosa fa, se come dice sta “solo” giocando. Di certo è che ogni volta che si prova a mettere dei paletti, delle regole, puntualmente vengono trasgredite. Che le liti vertono spesso su un unico fronte, l’eccesso di tempo che passa attaccato ad uno schermo, navigare tra social di ogni tipo. Che un “no” rischia di scatenare regolarmente reazioni avverse. Si ha la sensazione di essere in mezzo ad un conflitto senza sapere contro cosa si stia combattendo. La maggior parte dei delitti avviene tra le mura domestiche e si è tentati di confrontarli con storie di cronaca nera, ma che non si dovrebbe fare perché confondono le normali dinamiche genitore-figlio adolescente con casi di estrema conflittualità e marginalità. Ma la famiglia, confermano i dati, è comunque il luogo dove sentirsi meno sicuri. Secondo ultimi dati, nell’ultimo decennio gli omicidi consumati all’interno della sfera domestica sono stati 1 ogni 2 giorni. Si muore di più per colpa di un parente che per mano di un criminale. La maggior parte dei delitti avviene tra coniugi e a farne le spese sono purtroppo le donne, madri o mogli, uccise da mariti violenti. Le categorie più a rischio i ragazzi che non sanno litigare. Anche sapendo che è un fenomeno marginale, l’interrogativo rimane: perché un figlio arriva a odiare così tanto un genitore da volerlo uccidere? È un malato, un folle oppure oggi ci sono nuove tensioni in famiglia che purtroppo sottovalutiamo e che possono scatenare all’improvviso la furia? Si cerca di individuare una nuova tipologia di disagio, per dare una spiegazione a questo drammatico fenomeno, considerando una sorta di carenza conflittuale. Mentre la teoria classica dice che il ragazzo litigioso diventa violento, bisogna invece riflettere sul contrario in quanto è il ragazzo che non sa litigare a trasformarsi all’improvviso in un soggetto pericoloso perché ha difficoltà a tollerare i contrasti vivendoli come una minaccia insostenibile. È un tipo di adolescente che non regge un “no” e potrebbe avere una reazione violenta reale invece di fermarsi al solo pensiero “mamma vorrei che in questo momento tu scomparissi”. In genere, nelle forme più gravi, questi ragazzi sono un rischio per se stessi e meno per gli altri, perché tendono al suicidio più che all’omicidio. Fare un identikit è complesso, ma in generale i carenti conflittuali hanno avuto problemi educativi, sono stati bambini mortificati da piccoli da madri depresse o soffocati da figure iperprotettive che non hanno permesso loro di imparare a esprimere la litigiosità e a gestire la rabbia. Esiste una futura emergenza che porta a cosiddetti ritirati sociali rifugiarsi nel web, un brutto voto a scuola, il cellulare vietato per un giorno, il fidanzato che non piace in famiglia, questi sono tutti fattori “precipitanti” che possono far scoppiare la violenza contro altri o contro se stessi tra gli adolescenti, ma non sono mai la causa vera dei delitti. Dietro c’è sempre una relazione tra genitori e figli già danneggiata. Puntare il dito contro motivi futili come l’uso dei social network è sbagliato. Oggi bisogna far convivere la vita virtuale e reale dei nostri ragazzi badando che non cadano in forme di dipendenza come sexting o cyberbullismo e che non diventino dei “ritirati sociali”. È la nuova problematica che sta emergendo tra gli adolescenti e che diventerà emergenza. Riguarda molti giovani che rifiutano il mondo, non vanno più a scuola, rimangono chiusi nella loro stanza e si isolano non sentendosi accettati. Hanno una dipendenza da internet perché la relazione virtuale è l’ultimo disperato tentativo di rimanere agganciati alla realtà. Sono più maschi che femmine, passano ore giocando con un avatar ed evitano i social perché persino lì non avrebbero amici. Ai genitori bisogna consigliare sempre la massima attenzione: ci vuole tempo per riconoscere il disagio, ma un tempo opportuno e prezioso e, nel caso, mai alzare lo scontro in famiglia, ma chiedere aiuto.

Luigi Bernabò

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