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Il salto della quaglia

LA FIGURACCIA DI SALVINI IN POLONIA

Figuraccia di Salvini a Przemysl. Sarà che i polacchi sono meno “fessi” dei meridionali che ancora lo votano?

Quando ho visto il video del malcapitato Salvini in Polonia, che andato per esprimere solidarietà alla fine si è ritrovato ad averne bisogno, “perculato” (mi si passi il termine) dal Sindaco di Przemysl, un po’, devo essere sincero, ho provato tenerezza. Non per il politico, sia chiaro, ma per l’uomo, che a furia di cambiare idea come se cambiasse l’intimo alla fine si è ritrovato smarrito e senza identità, in un momento in cui parteggiare per i guerrafondai è controproducente per rinsaldare l’elettorato. Ovviamente, cambiare idea è spesso sinonimo di coerenza, ce lo insegna San Paolo, che sulla via di Damasco si converte, imbracciando quei principi cristiani di pace e solidarietà a lungo osteggiati. Modificare il proprio pensiero, dunque, mutare opinione su qualcosa perché ci si rende conto che la strada intrapresa non è la più congeniale, ritornando così indietro, sui propri passi, per ricominciare da capo e imboccare una direzione diversa, magari migliore. Se Salvini avesse fatto in questo modo, anni fa, riponendo nel cassetto i cori sui terroni per spalancare le braccia al prossimo e alle diversità, forse la sua incursione in terra polacca avrebbe potuto anche essere accolta con garbo, come il gesto di un uomo che in un difficile periodo storico (come stanno facendo tanti e in modi diversi) si assume l’onere di rimboccarsi le maniche e dare il proprio contributo. Al contrario, invece, se il cambio non è sull’idea ma sulle persone, e un giorno odi tutti quelli da Roma in giù, poi sposti il mirino e ami questi per odiare quelli da Lampedusa in giù, non devi meravigliarti se qualcuno si accorge della furbata e te la spiattella in faccia senza darti neanche il tempo di inventarti un altro nemico per uscirtene salvo. E non si tratta, a mio avviso, della maglietta di Putin che il Sindaco di Przemysl ha sventolato in faccia all’ormai ex leader leghista per ricordargli di quando simpatizzava per l’uomo che valeva due Mattarella, perché quella lascia il tempo che trova nella propaganda becera dello stesso Salvini. Il divario, qui, tra quello che si è e quello che si vuole far credere di essere per accaparrare voti è molto più ampio: non ci si può vestire da crocerossina e andare a soccorrere persone quando fino a poco fa se ne lasciavano altre in mare, che erano pur sempre persone. Così come non si può parlare di “profughi veri” e “guerre vere” come se in altre parti del mondo la gente scappasse in limousine e le battaglie si combattessero con le pistole ad acqua. Quando fai così, qualcuno prima o poi te ne chiede il conto. E invece di regalarti consenso per ringraziarti delle volte in cui lo hai chiamato “terrone”, questo ti omaggia soltanto di una pessima figura prima di girare i tacchi e andarsene. Perché a volte, forse pure troppo spesso, al mondo capita di capovolgersi e il Sud che dovrebbe avere memoria finisce per ritrovarsi dall’altro lato d’Europa, in una città di frontiera della Precarpazia.

Pasquale Quaglia

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