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MARLENE KUNTZ – INTERVISTA A CURA DI MARIANGELA MAIO

KARMA CLIMA: Tra residenze d’arte e relazione, la produzione del nuovo disco.

Si chiama Karma Clima il nuovo progetto esperienziale proposto dai Marlene Kuntz, nota rock band cuneese con trent’anni di carriera. Il loro nuovo lavoro discografico prenderà vita in tre borghi della “piccola Italia”, in provincia di Cuneo: il Comune di Ostana, borgo ai piedi del Monviso conosciuto per essere un laboratorio di rinascita metromontana e culturale, il Comune di Piozzo (dal 22 novembre al 5 dicembre) in cui ha sede il Birrificio Baladin di Teo Musso e la borgata Paraloup, nel Comune di Rittana (dal 13 al 19 dicembre), luogo in cui le prime cellule della Resistenza si organizzarono per l’opposizione all’occupazione nazista. I Marlene Kuntz realizzeranno il nuovo disco con la produzione artistica di Taketo Gohara: verranno allestiti studi mobili e si terranno eventi quotidiani con l’obiettivo di realizzare una Music Factory aperta al pubblico. Karma Clima nasce dall’intuizione di far sì che la terna di residenze possa favorire sinergie con opportunità extra-musicali, dal cinema allo spettacolo, dall’ambiente al turismo, creando qualcosa di nuovo (e unico). Commentano i Marlene Kuntz: “La collaborazione con territori che hanno definito la loro identità attraverso la valorizzazione delle proprie radici, e l’incontro con tanti amici che si occupano di ambiente e riqualificazione, diventa un generatore di idee a cui partecipiamo con molta curiosità ed entusiasmo”. A seguire l’intervista a Cristiano Godano.

Karma Clima, parlaci di questo accostamento lessicale.

“Queste due parole giocano con due celeberrime canzoni della tradizione rock inglese, Karmacoma dei Massive Attack e Karma Police dei Radiohead, ma non ci sono altre pretese se non l’allusione sonora. Pensando al titolo da dare a questa magnifica esperienza, la parola karma risuonava nella mia testa. Il karma indica una sorta di ritorsione contro se stessi, un chi la fa l’aspetti modernizzato dalle intrusioni New Age nel contesto occidentale. E associarla alla parola clima non può che sottolineare come la natura stia cominciando a presentarci il conto per i comportamenti adottati e reiterati da parte dell’uomo, che la alterano, la offendono, la danneggiano. E sarà un conto salatissimo”.

Come nasce l’idea di una Music Factory?

“Il bozzolo originario di questo progetto è nella mia insofferenza, ormai decennale, per come è diventato il mercato del disco. Fai un disco nuovo, lo promuovi, se ne parla qualche giorno ed è tutto finito. In questi anni si è arrivati a pensare a delle residenze artistiche. Il nostro bassista, Luca Saporiti, ha sviluppato ottime competenze in tale ambito, creando dei mondi sonori in luoghi suggestivi in Trentino, vere e proprie sonorizzazioni open air in montagna. Da lì ai borghi riqualificati delle nostre valli il passo è stato agile, e tutto il tema green e ambientalista si è facilmente agganciato alla nostra sensibilità, allertata per gli scempi del riscaldamento climatico”.

Quanti brani conterrà il disco?

“È ancora presto per dirlo. Ma credo non più di dieci. Per ora tutti quelli a cui stiamo lavorando, nove, sono stati impostati intorno ad aprile/maggio, senza testi ovviamente. I miei testi arrivano sempre dopo”.

Il progetto vuole farsi contenitore di tematiche attuali ed urgenti quali la questione ambientale, la riqualificazione dei territori, nuove visioni di sviluppo economico e culturale. Quali altri temi incontreremo nelle vostre canzoni?

“Sono in fase di scrittura dei testi e sono, più o meno, a metà dell’opera. Per ora i temi sono quelli e credo che non mi dispiacerà rimanerci, lavorando dunque ad un concept. Speriamo che l’ispirazione mi sostenga fino alla fine dei pezzi”.

Il disco vanta la produzione di Taketo Gohara, cosa dovremmo aspettarci da questa collaborazione?

“Mi auguro che lui sappia gestire il connubio fra elettronica e suono rock. C’è molta elettronica nella fase di impostazione dei pezzi e ora nelle residenze stiamo inserendo le chitarre. Ma fare la cosa giusta, cioè trovare il giusto equilibrio, è piuttosto complicato. Per questo abbiamo preferito trovare un orecchio esterno che ci aiutasse a non perdere di vista il focus, che è una sintesi particolarmente intelligente e artisticamente preziosa”.

Mariangela Maio

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