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POESIA: LINGUAGGIO OLTRE LE LINGUE

Intervista al poeta napoletano Salvatore Esposito, autore del libro Abbraccianno ‘o Munno.

Mi sono imbattuta nella lettura di questo testo quasi per caso, avendomi l’autore omaggiata di una copia come buon auspicio per la pubblicazione della mia seconda silloge poetica. Mi sono sin da subito resa conto che non si trattava dell’ennesimo, goffo tributo patriottico. C’è, piuttosto, nella scelta di Salvatore Esposito di tradurre 59 poesie e una lettera di poeti del Novecento in lingua napoletana, un chiaro intento pedagogico: insegnare come si scrive in napoletano finanche a chi lo parla quotidianamente, per farne uno strumento di interazione e di inclusione sociale e tramandarlo alle future generazioni nella sua precisione e completezza linguistica. Nel contempo, l’esperienza di lettura cui Salvatore ci sottopone è unica nel suo genere, poiché ci mette nelle condizioni di comprendere che il segreto di un lavoro di traduzione efficace risiede nella qualità della resa linguistica e non nel gusto personale dell’autore. La parola originaria non viene dal proprio estro ma dalla riconoscenza verso i grandi del Novecento, accuratamente selezionati per la stesura di quest’opera, in cui la poesia travalica il limite della lingua in nome di una bellezza che si estende spazialmente, oltre che temporalmente.

“Abbraccianno ‘o Munno”: com’è nato questo titolo e che significato assume per te?

“Io sono un napoletano, nato e cresciuto sulla scorta della corrente letteraria di De Crescenzo: un “uomo d’amore”, per l’appunto. E la poesia ha il merito di essere, tra tutti i generi letterari, quello che trasmette calore ed emozioni. Questa sua caratteristica si amalgama perfettamente con il napoletano, per i suoni, la metrica, gli accenti, la cadenza e le immagini che esso è in grado di evocare. La scelta della traduzione in napoletano è stata dettata dall’intento di rendere omaggio alle mie radici e, nel contempo, di imprimere ai testi da me selezionati una maggiore credibilità, in quanto un verso letto prima in italiano e subito dopo in dialetto acquista sicuramente più efficacia. L’abbraccio richiamato nel titolo è chiaramente un abbraccio virtuale, ma rappresenta la più nobile espressione della natura umana: non è rivolto dal singolo al suo simile, è piuttosto l’abbraccio del singolo al mondo intero ed è, pertanto, capace di assembrare anche le diversità”.

Quali sono state le maggiori difficoltà da te riscontrate nel lavoro di traduzione?

“Nella vasta gamma di poesie da me selezionate, ce n’erano alcune particolarmente ermetiche, le quali richiedevano una ricerca più approfondita. Ho dovuto scartare un paio di poesie che mi piacevano, perché non esisteva una parola corrispondente, precisa, nel dialetto napoletano. Viceversa, durante il mio lavoro di ricerca, mi sono imbattuto nella conoscenza di poeti fino a quel momento a me sconosciuti e li ho inseriti, avendo deciso di evitare scelte emotive e di accordare la priorità alla qualità del testo, soprattutto alla sua fruibilità nella resa in vernacolo. L’abbraccio si è così esteso anche ad autori vietnamiti, cinesi, giapponesi e libanesi, componendo il puzzle di un amore universale che ha trovato nella mia raccolta ospitalità e accoglienza, come solo la napoletanità sa fare”.

Il napoletano è una lingua o un dialetto?

“Il napoletano è un dialetto che aspira a diventare una lingua, e sono convinto che lo meriterebbe, essendo conosciuto in tutto il mondo. E non parlo solo di quello occidentale: ad esempio, in Giappone e in Corea, si sono rapidamente diffusi la canzone e il teatro napoletano. Ma rimane il problema dei numerosi cavilli burocratici e culturali che vedono ancora in disaccordo molti linguisti. Più in particolare, da più di dieci anni alcuni filologi dell’Università Federico II di Napoli sostengono che dovrebbe assurgere al riconoscimento di lingua, ma altri studiosi non convergono su alcuni punti che riguardano gli aspetti linguistici, come la grammatica, gli accenti e la morfologia”.

La poesia di questa raccolta cui sei maggiormente affezionato?

“La prima che ho tradotto, la poesia di Herman Hesse Tienimi per mano. Ho trovato molto interessante questo autore, al punto di voler tradurre non una ma due tra i suoi più noti componimenti. Perché, pur essendo un autore tedesco, la sua poetica esprime spiritualità e accoglienza, amorevolezza e passionalità, che, a ben vedere, si sposano con l’animus partenopeo. La magia della poesia è proprio questa: parla a tutti e a tutti i livelli. E con il lavoro di traduzione ho voluto sradicare i luoghi comuni che inquadrano la poesia tedesca come una poesia fredda, austera o asettica. L’arte del tradurre rivela che le emozioni trasmesse dalla poesia non sono assoggettabili a una fonetica particolare. Perché il linguaggio dei sentimenti non conosce il limite della lingua”.

BIOGRAFIA

Salvatore Esposito (nella foto in alto) nasce a Napoli nel 1952. Scrive poesie da più di trent’anni, in italiano e in napoletano. Ha partecipato a numerosi concorsi letterari, conseguendo diversi riconoscimenti. Dal 2017 è socio dell’A.N.PO.S.DI.(Associazione nazionale poeti e scrittori dialettali). È inoltre segretario del Premio di arte e letteratura Domus Artis Mater, giunto alla decima edizione. Prima di “Abbraccianno o’ Munno”, ha pubblicato le seguenti raccolte di poesie: “Tra sogno e realtà”, Il Filo- Roma, 2008; “O scaravàttulo”, Guida-Napoli, 2011; “Viento d’autunno”, Saletta dell’Uva-Caserta, 2016.

TIENIMI PER MANO (HERMANN HESSE)

Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientato…
cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano,
e stringila forte prima che l’insolente fato possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…

TIENEME PE MMANA

Tieneme pe mmana, ò tramunto,

quanno ‘ a luce d’ ‘o juorno se stuta

e ‘o scuro fa sciulià ‘a ferza ‘e stelle soja…

Tienela stretta quanno nun riesco a d’ ‘o vvivere

chistu munno mperfetto…

Tieneme  pe mmana…

Puortame addo ‘o tiempo nun esiste…

Tienela stretta ‘int’ ‘o vvivere speciuso.

Tieneme pe mmana…

Dint’ ‘e juorne ca me sento sbaculiato…

Cantame ‘a canzona d’ ‘e stelle,

cantilena doce ‘e voce sciatate…

Tieneme ‘a mana

e astrignela forte primma ca ‘ a sciorta scrianzata

me pozza purtà luntano ‘a te…

Tieneme pe mmana e nun me lassa jì…

Mmaje…

Milena Cicatiello

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